Giovani e fede in Italia

Che rapporto hanno i giovani con la fede e la religione? Come hanno vissuto l’iniziazione cristiana e quali ricordi hanno del catechismo? Perché molti di loro si allontanano dalla Chiesa subito dopo la cresima? A queste e altre domande tenta di rispondere, anche sulla base dei risultati di un questionario, il libro Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia (Milano, Vita e Pensiero, 2015, pagine 188, euro 18). Il volume è a cura della sociologa Rita Bichi e dell’ex presidente dell’Azione cattolica italiana, che firma le conclusioni, di cui pubblichiamo ampi stralci.
Siamo abituati a dire che i giovani sono il nostro futuro, ed è in parte vero; ma mai, come nel caso della fede, il futuro dipende dal passato e dal presente, cioè dal modo con cui gli adulti vivono la loro esperienza cristiana e da come le comunità interpretano il loro compito di evangelizzazione. Educare i giovani alla fede significa consegnare loro la fede così come noi adulti l’abbiamo vissuta? O piuttosto mettere nel loro cuore l’essenziale, insieme a una passione che dia il desiderio e la volontà di reinterpretarlo per il loro tempo, nel loro tempo? Nel momento di aprire il concilio, Papa Roncalli fece un discorso le cui indicazioni non sono invecchiate (e nemmeno pienamente realizzate!) e su cui sarebbe utile tornare a riflettere. Ebbe a dire Papa Giovanni che: «Lo scopo principale di questo concilio non è la discussione di questo o quel tema della dottrina fondamentale della Chiesa, in ripetizione diffusa dell’insegnamento dei padri e dei teologi antichi e moderni quale si suppone sempre ben presente e familiare allo spirito. Per questo non occorreva un concilio. È necessario che questa dottrina certa e immutabile sia approfondita e presentata in modo che essa risponda alle esigenze del nostro tempo». I giovani, espressione emblematica di un tempo che cambia, provocano la comunità cristiana a meditare le espressioni profetiche di Giovanni XXIII e dicono che quella indicata dal Papa del concilio è l’unica strada per la Chiesa di intercettare la loro sensibilità religiosa. I loro percorsi di fede, tortuosi, distratti, non lineari, ma aperti a una ricerca di autenticità possono costituire un laboratorio per la Chiesa tutta e per il suo compito evangelizzatore. Vi è un intreccio molto stretto tra le generazioni: i più giovani imparano dalla testimonianza degli adulti che cosa significhi credere; ma il loro apprendimento non è passivo. Mai come oggi esso è critico, attento a discernere, ad accogliere ma anche a rifiutare. In questo i giovani, mostrandoci le inautenticità dei nostri percorsi, ci costringono ad aprirci alla novità e al futuro. Resistere a questa esigenza avrà come esito non solo lo smarrimento delle nuove generazioni, ma l’inaridimento della generazione adulta. Che resterà pateticamente superata, gente di altri tempi, testimoni di un cristianesimo che non sa cercare e intuire i segni del tempo e pertanto non riesce a stare dentro la vita. L'educazione alla fede dei giovani ha bisogno più che mai di evangelizzazione, di cui sarà bene ritrovare la grammatica; un’evangelizzazione che non sta agli inizi del percorso, ma che lo ispira tutto, in maniera permanente. Alla comunità cristiana si chiede di riscoprire lo stile evangelizzatore del Signore Gesù, che ha aperto con ciascuna delle persone che ha incontrato e chiamato dialoghi diversi, originali, personali: la donna di Samaria, Nicodemo, i malati, i ciechi, il centurione e tanti altri, ciascuno ha incontrato il Signore a modo proprio, non è stato costretto a conformarsi a un cliché predefinito: ha incominciato a seguire il Signore attratto dalla sua persona e nell’esperienza dello stare con Lui ha compreso (forse) in tempi diversi il mistero del Regno. Anzi, i più non lo hanno compreso, nemmeno alla fine, nemmeno ai piedi della Croce; eppure sono rimasti discepoli. Il Risorto li ha cercati uno ad uno, per rivelare loro che continuavano a esserlo, e che i rinnegamenti e le lontananze non avevano interrotto la corrente dell’amore che li aveva legati a Lui. La prima esigenza di cui gli educatori dovrebbero tenere conto è quella delle domande dei giovani, da ascoltare, accogliere, intuire, far emergere, in esperienze di dialogo di cui il Vangelo è “manuale” insuperato. Così, di domanda in domanda, di dialogo in dialogo, i rapporti che l’evangelizzazione instaura permettono di individuare la strada che conduce all'“incontro fondamentale”, strada che non ha imitazioni né duplicati, ma solo tracciati originali, personalissimi, inediti. | Dunque il futuro della fede passa dalla conversione delle comunità cristiane, dalla loro capacità di tenere lo sguardo fisso sull’essenziale, cioè il Signore Gesù e la sua Pasqua, e al tempo stesso vivere con libertà in una relazione vera con le nuove generazioni. Se ascolta ciò che i giovani hanno detto in questi loro racconti di vita, la pastorale delle comunità cristiane dovrebbe interrogarsi e rivedere molte cose, in primo luogo l’iniziazione cristiana, perché i suoi percorsi aprano al futuro della fede: radicati in una tradizione che non teme di rinnovarsi di continuo nell’incontro con le domande perenni del cuore umano, ma al tempo stesso capace di rigenerarsi nelle forme che tali domande assumono. La prima reazione, dopo la lettura delle interviste, potrebbe essere quella di dichiarare fallimentare uno sforzo su cui la comunità cristiana ha investito energie così numerose e qualificate. Ma sarebbe troppo sbrigativo. Come fa notare nel suo contributo Luca Bressan, «per tutti gli intervistati quel momento è un dato di fatto, un punto di partenza senza il quale mancherebbe un tassello fondamentale della loro identità. Non importa tanto il giudizio che di quel momento viene dato (sovente negativo; sarebbe tuttavia da confrontare con il giudizio che viene dato di altre esperienze vissute in quella fase della vita); piuttosto è interessante notare che tutti si rifanno a quel momento per ricercare i contenuti che permettono loro di costruire la loro idea attuale di fede. Quel momento è l’avvio di una grammatica religiosa senza la quale oggi non riuscirebbero ad articolare il loro discorso di fede, fosse pure negativo». Ma la grammatica da sola non è sufficiente e il suo apprendimento non può ritenersi la conclusione di un cammino. Essa costituisce lo strumento di base con cui ciascuno può costruire il suo “discorso”, solo che, in un’età più matura e più adeguata, gli venga data la possibilità di apprendere anche la sintassi che connette soprattutto la regola con il suo significato e insegna quel lessico personale che può dar vita a un discorso articolato, ricco, personale. Il ripensamento dell’iniziazione cristiana coinvolge la globalità dell’impostazione pastorale della comunità, oltre a toccare altri elementi imprescindibili, quali la dimensione educativa della proposta, la qualità dei legami con la comunità, l’ispirazione evangelizzatrice del percorso. I giovani oggi hanno grande bisogno di aderire a ciò in cui credono e che scelgono. L’istanza della personalizzazione della fede, che si può ritenere semplicisticamente una forma di relativismo, in effetti può costituire una grande risorsa educativa, se consente alle persone di ricondurre a sé e alla propria coscienza le ragioni del proprio credere e di elaborarle in maniera personale. Si tratta di percorsi che conoscono anche dei rischi, ma sono quelli legati alla libertà: una fede come discepolato non può che essere incontro personale e percorso originale, che la tradizione della Chiesa aiuta certo a trovare, a riconoscere, a configurare, ma senza preordinare ciò che può solo inscriversi dentro una logica di relazione e di amore. L’educazione cristiana dovrebbe avere tra i suoi obiettivi — da difendere gelosamente e da perseguire con determinazione — quello di sostenere percorsi che si svolgano nella libertà dello Spirito e non nella omologazione di stili, parole, comportamenti, per generare cristiani creativi, giovani di oggi, testimoni convinti. Il futuro del cristianesimo passa anche da una fede capace di interpretare l’esistenza. Vi è bisogno di educatori che sappiano mostrare come la fede, intrecciandosi con la vita quotidiana, dia compimento ai desideri più profondi della vita. |